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L’eclissi (e la notte) porta consiglio

Ieri sera ho avuto il mio solito problema con la Luna (comune a chi soffre di astigmatismo): non ne distinguo bene i contorni a occhio nudo né con gli occhiali perché è lontana, molto luminosa e molto piccola. Tutti questi problemi svanivano se la guardavo attraverso l’obiettivo (che ne riduce la luminosità, l’avvicina e la ingrandisce).

Stamattina ripensavo al fatto di non riuscire a usare il visore per le foto stereoscopiche del libro in foto (se vi piace la fotografia e/o siete appassionati dell’argomento Luna, compratelo. Davvero, anche se non capite il testo in inglese, vi consolate con le spettacolari foto fatte dalla NASA). Beh, smontando e analizzando il problema pezzo per pezzo (sempre sia lodato chi mi ha insegnato a fare problem solving seriamente) ho notato che i due problemi erano perfettamente speculari, ma avevano un punto in comune: l’accrocchio ottico che fa (o dovrebbe fare) il miracolo. Beh, per farla breve ho applicato ciò che funziona con la reflex al visore 3D e il Saturno V è balzato fuori dalla pagina del libro

OCOLOY – Buone intenzioni per il 2018

Ormai mancano pochissime ore alla fine dell’anno e scrivo questo post, a metà tra il memorandum e il classico “buoni propositi” di fine anno per parlarvi della mia idea fotografica per il 2018.

Ho sempre voluto mettere alla frusta le capacità fotografiche degli ultimi smartphone e l’arrivo dell’iPhone 7 Plus nel mio taschino mi ha convinto a rompere gli indugi. Tuttavia non voglio fare foto slegate e tirate via svogliatamente, per cui la cosa si sta trascinando da qualche mese senza una qualche struttura; qualche giorno fa sento parlare del progetto OCOLOY, ed ecco che tutto prende forma.

OCOLOY è l’acronimo di: One Camera, One Lens, One Year. Fotografare per un anno con la stessa macchina fotografica e la stessa lente (se a pellicola, anche un solo tipo di pellicola) allo scopo di imparare a guardarsi intorno e a sfruttare bene ogni caratteristica di un’attrezzatura così ridotta all’osso.

Non garantisco che riuscirò a produrre qualcosa ogni santo giorno del prossimo anno ma la costanza di dedicare una decina di minuti alla fotografia, mantenendo un diario a più livelli di quanto osservato e scattato, degli esperimenti e quant’altro: sia qui su questo blog (almeno settimanalmente), su un quaderno (spero quotidianamente) e su Flickr e Instagram mensilmente con la pubblicazione degli scatti migliori, Facebook farà da calcerone che raccoglierà tutta la parte documentale digitale e, se tutto andrà in porto, un fotolibro e una scatola di stampe a fine anno per me.

Ecco le regole che mi sono imposto:

  • Fotocamera: iPhone 7 Plus con app Fotocamera di iOS, le uniche migliorie saranno quelle apportate dagli aggiornamenti di Apple
  • Lente: la doppia lente che equipaggia lo smartphone funziona come uno zoom per cui conta come fosse una sola. Sono ammesse le modalità di scatto “ritratto”, “Fotoburst”, Live Foto e il formato quadrato.
  • Niente filtri, qualunque regolazione in postproduzione si fa o con programmi esterni come Lightroom o con le funzioni di modifica incluse in Apple Foto per iOS
  • Sono vietate tutte le altre app non incluse da Apple in bundle col telefono
  • Il progetto/esperimento è da ritenersi fallito o concluso se si sospende per più di una settimana consecutivamente
  • In un mese bisogna raggiungere una quota di foto meritevoli di stampa e/o pubblicazione online non inferiore alle 3 immagini, se non ci si riuscisse tentare di restare in media

Queste sono le intenzioni, adesso dobbiamo solo impegnarci e tenere duro per i prossimi 365 giorni.

Filtri che non servono

Colpa di Intagram. Le fotocamere dei cellulari di allora facevano mediamente pena e per pararne i difetti c’erano questi settaggi istantanei che aggiustavano il tiro e davano un tocco vintage/analogico a foto altrimenti bruttarelle dal punto di vista tecnico.

Oggi però su instagram postiamo con fotocamere che ti fanno contare i capelli in testa o i peli sfuggiti all’estetista (sì lo so, sono bastardo, quando mi ci metto 😀 ), colori che nemmeno notiamo ad occhio nudo e luminosità che gareggiano con gli occhi di un gatto; per cui la quasi totalità dei filtri sono inutili.

I-NU-TI-LI

Anzi sono proprio dannosi, ma così dannosi che spesso sono tentato di cambiare licenza Creative Commons pewr le mie foto e vietare opere derivate da esse, negando il consenso a usare filtri su di esse (magari si potesse proprio impedirlo!).

Chiariamoci, quando pubblico una foto, questa viene prima rifinita nei toni e nella luminosità DA ME, e solo quando ne sono soddisfatto viene compressa in Jpeg e data in pasto al pubblico. Un filtro è ridondante, pleonastico, superfluo… continuate voi che non mi vengono più sinonimi.

Mi è capitato di vedere foto fatte con una reflex con colori bilanciatissimi, vesti coloratissimi su corpi ambrati da un’abbronzatura agostina… venira appiattiti da un filtro solarizzante che manda tutto a pallino.

Avete presente la Bellucci? Ecco un filtro messo male è come la recitazione della Bellucci: non serve! (però come dice “Brillocco” lei…)

C’è una sola categoria che salvo: quelli per il bianco e nero e quelli artistici alla Prisma, ma solo se usati con parsimonia

Fotoritratti

Mi hanno fatto LA domanda. Più precisamente una ragazza che non ama farsi fotografare e che io pendo un po’ in giro fingendo di scattarle foto mi ha chiesto: “Ma perchè proprio alle persone le devi fare? Non sono più belli i paesaggi e le case?” Mia risposta: “Dopo un po’ mi scocciano, anche perchè le case interessanti del paese le ho fatte tutte.” Il problema, comunque, era il suo che non ama i suoi ritratti e non il mio che cerco il contatto emotivo con un’altra persona. Perchè sostanzialmente di questo si tratta: due individui che entrano in contatto mediati dalla macchina fotografica, la rilettura di una persona attraverso i miei occhi e la mia sensibilità, ciò che io percepisco di lei che non corrisponde necessariamente al suo modo di vedersi. È proprio allora, anzi, che avviene il miracolo, che seppur nel mio piccolo faccio arte.

Sono timido, anche abbastanza introverso e non mi apro facilmente al resto del mondo, la fotografia è la scusa che mi costringe a interagire con un’altra persona, che mi fa piovere addosso complimenti e critiche con cui fare i conti, stupire qualcuno con un suo ritratto alimenta un ego che di solito se ne sa rintanato all’ombra incerto se il mondo ce l’abbia con lui o se neanche ci si accorge che esiste. Dopo quest’anno, poi, ogni ritratto riuscito è stato un vero toccasana per il morale e per fortuna ce ne sono stati, prima che la dipartita della batteria della macchina fotografica mi costringesse a uno stop forzato a Ferragosto. rivedere una conoscente, portatrice di una delle più belle paia di occhi che ricordi e che dieci anni fa avrei voluto fotografare ma non ho mai avuto il coraggio di proporglielo, certo com’ero di un rifiuto. Beh, quest’anno due foto al volo le ho fatte e sono anche venute bene. Magari la prossima volta riesco a convincerla a migliorare il risultato. 🙂

La cosa non è mai facile e bisogna parlare chiaro e giocare pulito, spesso (quasi sempre) la foto si ruba per poi farla vedere a chi si vuole coinvolgere (ovviamente non si fa con le perfette sconosciute) e quindi chiedo il permesso di pubblicarla. Quest’anno è capitato che qualcuna non capisse che se chiedo qualcosa voglio una risposta precisa a cui attenermi e non un “Sì per non dire No”, questo perchè si cerca la spontaneità e bisogna poi convincere chi non si sente portata per posare, conquistarne la fiducia per farla mettere in gioco, da amatoriale non faccio le cose in modo serioso, chiedo a gente che conosco abbastanza da potermici rapportare in modo cordiale e amichevole, con cui si riesce a scherzare in modo da non far pesare loro la presenza dell’obiettivo

Ultimo paragrafo dedicato all’immancabile stupidario. Ci metterei anche l’episodio raccontato all’inizio ma lì la cosa è dettata dall’eccessiva oggezione per la macchina fotografica, peggio dicono i soliti che pensano che lo faccia per avvicinare ragazze che voglio “farmi”, come nel miglior luogo comune, gente che mi chiede se proporrò un nudo alla tal modella (mi si sta candidando ad asssistente? Peccato che, nel caso, molto probabilmente lei avrebbe unA assistente per trucco e parrucco e il o la mia assistente starebbe un passo dietro di me). Fatico a levarmi da torno gente che ci scherza su “troppo”, nel senso che va bene una battuta ogni tanto, ma incedere sulle solite battute sessiste e maschiliste quando magari ci stanno anche alcune candidate presenti non credo giovi alla causa. Ultimo caso: di fronte a uno dei miei ultimi bianco e nero, uno se n’è uscito con “Anch’io ho fatto una foto a TIZIA, solo che l’ho fatta senza filtri”. Non ho potuto che rispondere un diplomatico “Anch’io!” Indicando la foto.

Prima o poi farò anche il post sui filtri, anche se temo che saranno caratteri sprecati, proprio come il 99% dei filtri usati su Instagram.

Non amo le storie di Instagram e vi dico il perché

Ovviamente è mia opinione personale, se non foste d’accordo potete commentare educatamente sotto e ne parliamo 😉

Quanto sto per dire, relativamente alle storie su Facebook vale moltiplicato 1000

  1. Frega nulla che lo fa anche Snapchat. Io sono iscritto su Instagram mica su Snapchat. Voglio postare foto con un certo “stile” non istantanee a scadenza.
  2. Storie sempre pubbliche e universalmente visibili, ma se ho un profilo privato le storie devono poter esssere private e credo che l’utonto medio quello si aspetti. Mi è capitato di vedere il profilo di una ragazza che conosco, privato, quindi protegge un normale selfie da chiunque non le chieda il permesso di vedere le sue foto, con una storia in cui si mostrava in spiaggia in una posa “quasi” sexy. Voglio sperare che non sia stata screenshottata troppo.
  3. I contenuti delle storie si recuperano facilmente, soprattutto le foto ho recuperato una foto in 3 secondi, per dire e senza usare tool esterni alla app
  4. I commenti con lo swipe-up allo schermo, ne vogliamo parlare? Post forzatamente pubblici e dove ti fanno commentare una storia? Ma nei messaggi privati, no! Coerente! Tra l’altro quando la storia viene cancellata il commento resta e non si capisce più niente.
  5. Qui la colpa è più degli utenti. Già capisco poco i meme testuali in un social per fotografie, ma nelle storie si raggiunge il massimo quando ti mettono sei sette righe di testo con carattere piccolo che ne hai letto a malapena metà quando scatta il timer della storia. E dai, su!
  6. Stimati professionisti con recchie e nasi canini, parliamone!
  7. Vogliamo parlare della camera frontale che restituisce un’immagine speculare e nelle storie è una scelta quasi obbligata?
  8. Aggiungerò appena me ne vengono altri… 🙂

AAA cercasi modella

Quest’anno volevo dedicarmi al ritratto posato, sono riuscito a organizzare con fatica una sessione con un’amica un mesetto e mezzo fa, dovendo riadattare le richieste iniziali e incassando una mezza defezione (dovevano essere in due a posare). Ovviamente chiedo a ragazze che conosco, con le quali sono un minimo già in confidenza, nessuna con esperienza, almeno nessuna esperienza di tipo professionale, quindi bisogna starci dietro anche solo per farsi dare una risposta.

Non sono un professionista, d’accordo, loro non sono modelle professioniste ma non riuscire a trovare mezz’ora di pomeriggio di un giorno della settimana mi sembra “strano”, infatti a furia di insistere qualcuna ha confessato l’imbarazzo. Che ci sta tutto! Assolutamente, sono il re degli introversi (sì, va be’!) capisco che stare davanti ad un obiettivo non è facile, soprattutto se dietro c’è uno con cui magari si starà pure in confidenza ma ti dice come metterti, se sorridere o meno… beh, anche essere quel tizio non è facile, credetemi. 🙂

Poi ho riflettuto: alcune di queste ragazze sono le stesse che quando non riuscivo a partecipare ad un evento venivano ad insistere perchè cambiassi idea. “Come ce le fai tu, le foto, noi non siamo in grado di farle coi cellulari”, dicevano quando davo loro l’alternativa del fai da te. Certo ne ero anche lusingato, ma queste si fidavano della mia tecnica quando sto in una situazione che la foto sono praticamente costretto a tirarla via in un secondo e non si sono fidate di me quando la foto era pensata, soppesando la luce e la profondità di campo, il loro modo di guardare in camera, preoccupandomi di farle venire be(ll/n)e come non mai. Non è paradossale?

Vorrei riuscire a spiegare loro che l’imbarazzo fa parte del gioco, ma si sciacqua via con del sano cazzeggio e un po’ di fiducia in quello che faccio.

Dai, mettiamoci in gioco!

Ispirazioni improvvise

Salvo dal caos degli archivi di Facebook quanto ho annotato oggi:

Ascolti una canzone, di quelle storiche, di quelle che canticchi senza neanche accorgertene e puntualmente arriva IL VERSO che suona “strano”. Nella fattispecie, quello di oggi parlava di occhi, anche con accezione negativa (“occhi come due pezzi di vetro“, non esattamente un complimento) che richiamano però, ribaltandone il senso di 180 gradi, due pezzi di cristallo neri sbirciati dall’obbiettivo della reflex e immortalati in una delle ultime foto, facendoti venire voglia di farne un’altra quanto prima

Fotografare per sè o per gli altri

Quando non si è fotografi di professione le foto si fanno più per se stessi che per gli altri, certo si cerca di scattare foto che piacciano ad altre persone ma soggetti e tecniche le decidiamo noi, anzi a volte odiamo le ingerenze esterne come già dico qui, ma non ci tiriamo indietro quando ci chiedono le “nostre” foto per un evento, allora si deve scattare anche foto che non si farebbero mai.

Ho detto “anche”, non “solo”. Resta la visione di chi scatta, restano gli interessi per soggetti e tecniche, restano le motivazioni per cui si scatta una foto invece di un’altra e capita che in una festa si scatti foto a gruppi di persone che non si conoscono (cosa che altrimenti eviterei) e si cerchi di svicolare per scattare le proprie foto tra un gruppo e l’altro. A cose fatte è ovvio che un amatore metta davanti le foto che lui ha cercato, usi quelle per promuovere anche le altre e il motivo è semplice: scattando quelle foto ha sentito “il brivido” dello “speriamo che non la sbagli”, le altre si fanno al meglio, ma se non dovessero uscire pazienza (diversamente da un professionista non si perdono soldi).

Alla fine bilancio di un evento si riduce a: foto che soddisfano il committente e foto che si è riusciti a realizzare per se, tutto al netto delle foto mancate in entrambi i due gruppi precedenti

Così scatti ed elabori più di duecento scatti, ne scegli una buona parte ma ne solo una decina o meno ti appartengono davvero e sono quelle che mostrerai orgoglioso al mondo, in mille varianti diverse (perchè bisogna esercitarsi SEMPRE).ma sai già che quelle foto verranno giudicate (se sei un amatoriale) più per la ricorrenza del soggetto che per le “mille varianti”.

Ragazzi, parliamoci chiaro, se ho scelto un ritratto in particolare è OVVIO che mi piaccia il soggetto, ma “piacere” quando vedi il mondo attraverso un mirino significa realizzare la foto “potenziale” che avevi appena visto nel mirino. Dopo aver fatto calcoli, valutato luci, limato l’inquadratura e maledetto ogni singolo imprevisto che rischia di farti sbagliare tutto, hai quello che cercavi da tutta la sera. Mi potrò godere la cosa o no? 😉

Beh, in attesa della Deepcon di Fiuggi tra un mese, godetevi l’ultimo evento cliccando sulla foto sotto:

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Vinca la “migliore”

Stamattina guardando l’ennesima foto scelta tra quelle di un contest per foto instantanee ho pensato “non farei mai una foto simile perchè non metterei mai una modella in una posa tanto assurda e improbabile” (purtroppo me la sono persa) da lì ho riflettuto che ormai i contest li salto a pie’ pari perchè tanto non supero nemmeno la prima fase e non perché le mie foto fossero inferiori ad altre che invece l’hanno passata, semplicemente perchè mi piace tenere le foto “sporche” senza la patinatura di una foto a rivista, perchè ancora non sono così capace con la postproduzione e perchè comunque non avrei tempo per farla bene, soprattutto perchè non voglio togliere alla foto l’espressione del mood di quel momento (la differenza tra quando voglio quella foto a quando sono scazzato e scatto di fretta). Capisco che la cosa è personale e che non posso pretendere che una giuria si uniformi al mio pensiero ma dev’essere il contrario, ma tant’è: snobbo tutto, nemmeno mi prendo la briga di leggere i bandi di concorso e pazienza se “I contest ti danno idee su cosa scattare e ti permettono di migliorare confrontandoti con altri“.

STICAZZI!

Quella di sopra è una discreta favoletta che si racconta ai niubbi e adesso vi spiego perchè:

Col digitale partecipare ai concorsi fotografici è diventato semplice. Non bisogna scegliere lo scatto tra migliaia di foto o di provini stampati, capire quali miglioramenti si debbano apportare, farlo in camera oscura o chiedere al fotografo che ti stamperà il negativo di farlo (pagando salato), stampare in 18×20 almeno, spedire il tutto in una busta rigida e incrociate le dita attendendo risposta per posta. Oggi i più ci mettono meno di un’ora, al netto della post produzione. E non considero solo quelli che poi passeranno.

Conseguenza del primo punto è che le foto inviate saranno tantissime, troppe, la prima selezione dev’essere per forza un mero sgrossamento delle foto meno curate. Io e il grosso dei niubbi finiamo qui.

Bisogna poi distinguere i concorsi seri da quelli fuffa, truffaldini o fatti per acquisire foto gratuitamente (ho partecipato a qualcuno scientemente solo per segnalare la presenza delle foto fatte a un paio di concerti). I primi hanno regole più stringenti con argomenti più centrati, quindi con partecipanti di livello medio-alto e con meno folla. Ai secondi partecipano anche i “fotografi da Instagram”. Lasciate perdere se l’unica discriminante saranno i like sotto le foto, se vi chiederanno soldi, se vi chiedereanno di cedere ogni diritto sullo scatto, se saranno loro a contattarvi chiedendo di togliere licenze come la Creative Commons da uno scatto per farlo partecipare a un concorso (utenti da bloccare prima di subitoe scatto da monitorare grazie a Google Immagini diffidando e segnalando chiunque lo usi in modo improprio). Capita che le agenzie di PR di artisti chiedano le foto fatte dai fan da mettere sul loro sito paventando concorsi in cui al massimo si vincono le stesse foto autografate dall’artista SE la foto viene scelta. OK coi le foto le avreste fatte comunque ma magari la tappa del tour a cui partecipate non è tra le primissime e i vostri scatti sono uguali alle migliaia  di scatti che lo hanno preceduto, tentar non nuoce di certo, ma sperarci è da illusi. Intanto LORO hanno un archivio fotografico di tutto rispetto a costo zero

Se cercate ispirazione coi concorsi vedere prima quello che fanno i vincitori, POI decidete se e in quale mischia buttarvi.

Occhio alla penna

Per la grafia che ho dovrei fare il medico. Per essere uno a cui piace scrivere è sempre stato il mio tallone di Achille, anche perchè scrivere scrivo ma non ho tempo per scrivere in modo leggibile. Anche per questo sono diventato bravo con le tastiere dei computer.

Come tanti, finita la scuola ho cominciato ad usare sempre meno la biro e sempre di più la tastiera (anche il codice lo abbozzavo su carta ma lo riportavo subito sul computer o non c’era speranza di decifrare il nome delle funzioni).

Però succede di aver bisogno di qualcosa che ci sia quando i tuoi dispositivi sono impegnati a fare altro o sono rimasti attaccati alla corrente e siete tu, la reflex, un’idea o un’opportunità di realizzarne una e niente su cui prendere appunti.

E allora ti viene da pensare: “Ah, se me l’avessi appuntato da qualche parte!”. Già avevo qualcosa per il brainstorming, qualcosa che funzionava su carta, ma che se portavo in digitale finivo per perderlo in un mare di versioni diverse. Anche se in modo grezzo quelle idee su carta stavano più “a galla”, la parte difficile era giustappunto decifrare quello che scrivevo.

Così mentre cercavo sul sito di Moleskine un qualcosa per le foto (credo mi fosse arrivata una newsletter con offerte sugli album) mi viene l’idea di prendere un loro quaderno (non credo ci ia bisogno di spiegarvi che non parliamo dei quaderni usati a scuola). Nero, classico elastico che lo mantiene chiuso, copertina rigida, tasca. Comincio ad appuntare le tecniche che voglio approfondire, registrando i miei progressi, appuntandomi dubbi, snocciolando parametri di scatto, segnalando gli scatti da tenere come riferimento. Oggi, complice la stampantina a sublimazione e le etichette adesive che può produrre, l’ultimo tocco: le immagini di riferimento incollate a mo’ di figurina Panini. Non resta che insegnare a leggere la mia grafia ai miei nipoti. 🙂 

Ah, magari qualcosa la riporterò su questo blog “in bella copia”.