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Introspezioni televisive

Da tanto non ne scrivevo su questo blog, di serie tv vecchie e nuove ne ho viste tante e i commenti ad esse si sono persi nei vari social e in qualche mailing list, poche idee rimanevano inespresse o da approfondire qui sopra, nel frattempo è arrivata Netflix col suo carico di ore di serie da guardare, bulimicamente: le nuove serie Marvel coi loro alti e bassi, alcune vecchie glorie come le prime stagioni di Friends, qualche episodio “evergreen” Star Trek o i nuovi fenomeni tipo Black Mirror, Stranger Things (che, se ce la facessi, pubblicherei questo esattamente il giorno prima dell’uscita della seconda stagione) e Tredici.
Proprio Tredici è una delle due serie di cui voglio parlarvi a questo giro, ma dato il tenore dell’argomento lo lasciamo per ultimo, prima qualcosa di più leggero come il nuovo “viaggio tra le stelle” prodotto in coppia da CBS e Netflix

Spazio, ultima frontiera… No stavolta l’ultima frontiera porta male, c’è la guerra ad attendere i nostri, niente viaggio di esplorazione là fuori, dobbiamo a conoscere chi quelle navi le popola, le fa muovere e le porta anche in battaglia. Non è la prima volta che in Star Trek viene mostrata la guerra ma è la prima volta che in guerra non ci sono eroi senza macchia a combatterla. Star Trek: Discovery non mira a scoprire nuovi mondi e nuove civiltà (che pure vengono presentati), ma mira a scoprire qualcosa su cosa possiamo diventare quando le circostanze volgono al peggio come una guerra scatenata da e contro una delle razze più belligeranti e pericolose della galassia conosciuta. E mentre i fan più oltranzisti spaccano il capello in quattro per capire cosa sia rimasto dello star Trek che loro conoscevano e amavano, noialtri guardiamo una serie che ci porta fuori dal giardino protetto dell’etica della Federazione, seguendo un capitano che sa che non può vincere se rispetta le regole perché ha un’unica freccia al proprio arco (la sua nave speciale) e non vuole perdere questo vantaggio.

Star Trek è morto? No, credo sia in stand-by, attende che i tempi tornino propizi, che si possa andare nei territori poco esplorati della galassia in cerca di civiltà che ci ricordino chi siamo e da dove veniamo, adesso dobbiamo vincere una guerra contro Klingon mai visti, sconosciuti a chi li combatte, come agli spettatori che li incontrano trasformati per la terza volta da chi ha lo scettro del comando e tanti soldi per effetti speciali e scenografie. Discovery è una gioia per gli occhi, girata in formato cinematografico, con un ponte di comando che in TV sta finalmente in un’unica inquadratura con il capitano Lorca in piedi in mezzo alla plancia (la poltrona c’è ma non la usa tantissimo) come un nuovo Achab che cerca la sua Balena Bianca Klingon (coincidenza: uno dei “cattivi” è albino). Dovrei parlare della protagonista ma non lo farò anche perché si sa ancora poco di lei, per fortuna Discovery, come le serie che l’hanno preceduta è molto corale e per quanto ci si focalizzi su un personaggio in particolare (che è stata causa prima del conflitto) a suscitare il mio interesse sono stati perlopiù gli altri componenti dell’equipaggio, ci torneremo a primavera, quando la prima stagione sarà finita e staremo aspettando la seconda che vedremo nel 2019 (o giù di lì)

Tredici… chiamiamola col titolo originale, almeno per questa volta, perchè chi non la conosce non pensi al Totocalcio. Thirteen reason why… è la trasposizione TV di un romanzo per ex-adolescenti (trovatemi voi una definizione italiana per Young Adults) 🙂 (ok la faccina la lascio, qui si può ancora scherzare, dopo no); un romanzo, dicevo, di quelli che prima ti fa sorridere con il revival delle musicassette registrate e mezzo secondo dopo ti tira un diretto alla bocca dello stomaco che tu, imbambolato alla vista di un Sony Walkman, non ti aspetti arrivare. Ti rialzi, riprendi a respirare e ricacci giù il contenuto dello stomaco che quasi quasi aveva deciso per una gita fuori porta e riaccendi il cervello, scoprendo da dove arrivava il cazzotto che ti ha spedito al tappeto: una voce, una ragazza che parla e che dice la più classica: “Se mi stai ascoltando vuol dire che sono morta” e aggiunge: “Se mi stai ascoltando vuol dire che [anche] tu mi hai uccisa”, e si scopre che ad averla uccisa sono “almeno” in dodici.

Ad aver ucciso Hannah è stata la depressione adolescenziale, il bullismo e… altro (non sia mai che vi dica tutto, Virgilio con Dante non l’ha fatto: l’inferno va visto di persona). Chi scrive ha conosciuto il bullismo dalla parte sbagliata, e quest’anno, causa un’incomprensione con una persona anche la grande D mi ha fatto visita, per questo la serie l’ho vista tardi, e ho fatto bene, soprattutto nei primi episodi richiami al mio vissuto, ricordi di attimi tutt’altro che felici mi facevano parteggiare per un personaggio o per un altro. Non sempre per la vittima “titolare” ma anche per la seconda voce narrante, giocoliere maldestro in una vicenda più grande di lui, ogni volta che qualcuno (me compreso) vedeva una possibile scappatoia al tragico destino di Hannah dovevo ricordarmi che ovviamente non avrebbero scelto quella strada perché “lei alla fine muore”, fanno pensare anche i piccoli soprusi, quelli che si fanno innocentemente, pensando di non fare nulla di male c’è sempre qualcuno che si finisce per ferire, dandomi un paio di nomi cui probabilmente dovrò chiedere scusa (e credetemi, preferisco restare dalla stessa parte del bullismo di quando avevo 12 anni piuttosto che da quella di chi ferisce). Ho finito il tredicesimo episodio che di cazzotti ne ho incassati diversi altri, ma è stato utile vedere le cose da un’angolazione di tre quarti; il prossimo anno ci sarà una seconda stagione che supererà le vicende del libro sarà anche un secondo round?

Imprecisioni Stellari

Anni fa questo articolo venne pubblicato su Alpha Quadrant, oggi che l’Expanded Universe di Star Wars è solo un ricordo, ho deciso di ripubblicarlo sul blog.

Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana…

Imprecisioni Stellari

di Salvatore Capalbi

Guerre Stellari, la saga cinematografica che ha forgiato il cinema di fantascienza moderno, è terminata. Lucas ha promesso ai suoi fans una serie televisiva che, al momento in cui scrivo, non fa parlare affatto di se, così non resta che rivedersi per l’ennesima volta i film, magari la Trilogia Classica “theatrical version” col suo slang tecno-fantasy che fa sorridere (se non inorridire) i puristi della fantascienza. A ben guardare Star Wars non è solo fantascienza ma una commistione di generi, quindi non stupisce che il tecnobubble sia “imbastardito” da terminologie inesatte o che sembrano fuori contesto.

I dodici parsec scarsi impiegati dal Millennium Falcon di Han Solo per percorrere la Rotta di Kessel (Kessel Run) sembrano indicare una velocità, ma chiunque abbia anche solo un’infarinatura di astronomia sa che il Parsec è una misura astronometrica lineare.

Possibile che Lucas non si sia documentato abbastanza da aver confuso un’unita di misura lineare per un’unità di misura della velocità? Oppure Solo, semplificando un po’ le cose, intendeva dire di aver superato quella regione di spazio, comprendente un campo di asteroidi e corpi subplanetari (il sistema di Kessel) e l’ammasso di buchi neri del Maw, percorrendo una rotta inferiore ai dodici Parsec.

Cosa s’intende per parsec?

Il parsec è una misura astronometrica che significa “Parallasse di un secondo d’arco”… Via quegli sguardi interrogativi e attenti un attimo.

 La parallasse (dal greco parallaxis, cioè alterazione) è, in parole povere, quell’effetto per cui lo sfondo sopra il quale si vede un oggetto varia al variare della posizione dell’osservatore, viene espressa come ampiezza di un angolo (banalmente: osservate il vostro indice chiudendo un occhio per volta, lo vedrete ogni volta su uno sfondo diverso). Viene usata per determinare la distanza di oggetti tramite triangolazione (usando un teodolite, ad esempio), in astronomia viene usata per corpi celesti non troppo distanti usando come punti di osservazione la posizione di un punto sulla superficie terrestre (un osservatorio astronomico) nell’intervallo di dodici ore (lo stesso osservatorio all’altro estremo del diametro del parallelo di appartenenza), o la posizione della Terra nel suo moto di rivoluzione attorno al Sole a sei mesi di distanza (diametro medio dell’orbita pari a 2 Unità Astronomiche). L’ultimo caso è detto parallasse annua, quando questa è pari a un secondo d’arco, la distanza tra la stella e il nostro Sole è di 1 parsec (abbreviato in pc) corrispondente a 3,26 anni luce. A parte il Sole, non ci sono stelle con parallasse maggiore di un secondo, dalla Terra non abbiamo quindi stelle più vicine di 1 pc.

Il Sistema di Kessel

Il sistema di Kessel viene sviluppato e descritto per bene da Kevin J. Anderson nella Trilogia dell’Accademia Jedi in cui Han Solo e Chewbacca, imprigionati nelle miniere di spezia di Kessel, conosceranno il primo allievo di Luke Skywalker: Kyp Durron. Kessel quindi appartiene più all’Expanded Universe che alle trilogie ufficiali in cui viene nominato solo poche volte. E’ composto da corpi celesti sub planetari con l’atmosfera molto sottile a causa della gravità troppo bassa, gli abitanti usano quindi delle maschere per respirare normalmente. Il sistema è stato sfruttato dall’Impero per le colonie penali nelle miniere di spezie: sostanze psicotrope come il glitterstrim che dona poteri telepatici a chi lo assume.

Facile pensare chi siano gli avventori di un simile posto. Imperiali a parte, tutta la malavita della Galassia ha a che fare direttamente o meno con Kessel e i suoi asteroidi, per questo è fondamentale entrare e uscire dal sistema in modo rapido e ragionevolmente sicuro. A complicare le cose c’è la vicinanza dell’ammasso del Maw: un insieme di buchi neri che, tra l’altro, nasconde un centro ricerche e una fabbrica imperiale segreti, chiunque fosse tanto pazzo da tuffarsi là dentro per nascondersi agli Imperiali passava direttamente dalla padella alla proverbiale brace, ecco tutti gli ingredienti che hanno reso leggendaria la Kessel Run.

Calcoliamo una rotta interstellare

Analizziamo il metodo usato per determinare le rotte interstellari nella galassia di Guerre Stellari. Molto banalmente esistono delle mappe galattiche con contrassegnati dei corridoi che uniscono dei sistemi chiave, teniamo presente che le galassie girano su se stesse con velocità diverse del centro rispetto alla parte esterna del disco galattico, questa differenza di rotazione dipende dalla maggior concentrazione dei corpi celesti al centro rispetto che all’esterno, questo comporta lo spostamento relativo di un sistema stellare rispetto ad altri. Le rotte non sono immutabili e valgono nel breve e medio periodo, vanno quindi ricalcolate di volta in volta  servendosi di computer di navigazione o droidi nel caso di caccia. Le rotte non devono passare troppo vicino ai grossi pozzi gravitazionali generati dai corpi celesti perché le navi potrebbero essere distrutte dalla forte attrazione gravitazionale amplificata dall’iperspazio, per cui non sempre è possibile fare tutto il viaggio con un’unica linea retta. La rotta sarà composta da più segmenti che girano attorno alle zone d’influenza gravitazionale. Diminuendo il numero questi segmenti, si accorciano i parsec percorsi ma inevitabilmente la rotta diviene meno sicura.

Nel caso specifico del sistema di Kessel l’ammasso di buchi neri del Maw è proprio sulle rotte dei contrabbandieri. Mentre tutti ci girano prudentemente attorno, preferendo rotte più sicure, Han e Chewbacca per sfuggire agli imperiali vi si avvicinarono moltissimo rischiando l’integrità strutturale del Millennium Falcon e stabilendo il record di percorrenza inferiore ai 12 pc.

Nonostante ciò gli imperiali riuscirono a chiuderli in trappola e Han abbandonò nello spazio il carico pagato in anticipo da Jabba, in tempo per non essere arrestato, mettendo in moto tutta la serie di avvenimenti futuri che ben conosciamo.

Elenco fonti:
http://it.wikipedia.org/wiki/Parallasse
http://en.wikipedia.org/wiki/Parsec
http://it.wikipedia.org/wiki/Parsec
http://it.wikipedia.org/wiki/Unit%C3%A0_astronomica
http://www.starwars.com/databank/location/kessel/?id=eu (broker link) http://www.starwars.com/databank/kessel
Kevin J. Anderson, Guerre Stellari. Sulle orme dei cavalieri Jedi; Sperling & Kupfer


Immagini:
Rappresentazione grafica del parsec:
http://en.wikipedia.org/wiki/Image:Stellarparallax_parsec1.svg

La svastica sul Sole

cover La svastica sul SoleFinalmente si riprende a leggere dopo il digiuno per cause di forza maggiore dei mesi scorsi, finalmente ho terminato La Svastica sul Sole, lasciato a metà.

Per quei quattro lettori non avvezzi alle letture fantascientifiche  spieghiamo innanzi tutto che si tratta di una storia ucronica, storia alternativa, “cosa sarebbe successo se a vincere la Seconda Guerra Mondiale fosse stato l’Asse Tedesco-Nipponico“, per il resto la Fantascienza è per lo più nell’ambientazione futuritica (il romanzo è del ’62) che vede la Germania primeggiare nelll’industria aerospaziale (Von Braun resta in patria, ovviamente, sviluppando la tecnologia missilistica del Reich e non degli USA). Per il resto è un romanzo quasi mainstream.

Proprio questo essere “Sci-fi light” non me lo ha fatto divorare come divorai a suo tempo Gli Androidi sognano pecore elettriche (a proposito, perchè per questo in Italia si è preferito il titolo originale e per la Svastica non si è usato l’Uomo dell’Alto Castello? Misteri editoriali!). Per la maggior parte del romanzo ci troviamo di fatto di fronte a tre racconti che condividono ambientazione e n paio di personaggi ma procedono in modo indipendente fino a sfiorarsi nel finale quando emergono le consuete tematiche Dickiane sul doppio e sulla realtà effettiva, se per quasi tutto il libro eravamo ben calati in un universo ucronico, con una storia alternativa ma speculare alla nostra con alcune felici intuizioni e una ironia mordace che bacchetta entrambi gli schieramenti dell’epoca (la fase calda della Guerra Fredda con l’innalzamento del muro di Berlino e la Crisi Cubana). Chi sono i conquistati e chi i conquistatori? la realtà è quella che vivono i protagonisti, la nostra o quella descritta nel romanzo che fa da fil rouge alle tre storie narrate nel libro? Se fino a due capitoli dalla fine uno ha le sue certezze è là che queste vengono fatte brillare come un vecchio palazzo.

Credo che per un po’ starò lontano da Dick, per dedicarmi a generi a me più consoni e a lunghe incursioni nel Fantasy (altro genere a me poco congeniale), ma è un arrivederci non un addio.

Ondata GdR

I giochi di ruolo mi sono sempre piaciuti e purtroppo ho praticato pochissimo la versione più “da grandi” con manuali e schede colme di statistiche e, of course, la manciata di dadi necessaria alla risoluzione delle “controversie”;  per il resto da guardie e ladri all’asilo al più recente Knight of the Old Republic sul Mac.

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Caravan

Caravan, un fumetto Bonelli scritto da Michele Medda, una miniserie di 12 numeri che fino al numero 10 era da lode, è inciampato un po’ nel penultimo per scivolare definitivamente nelle ultimissime tavole dell’ultimo episodio.

Dopo il salto spiegherò meglio questa mia introduzione, inutile dire che non avrò scrupoli antispoiler per cui leggetevi prima l’albo se non volete che vi rovini la sorpresa.

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Flash Forward

Meglio l’uovo o la gallina? Meglio il romanzo o la serie TV? E ancora, Da un romanzo che è più speculativo che di azione come si è riusciti a trarre una serie che è più d’azione che di speculazione fantascientifica, si può ottenere quasi lo stesso risultato? Boh, arriviamo a fine stagione (magari sarà anche la fine della serie) e rispondiamo a questa domanda, per adesso parliamo del libro, appena finito di leggere in versione ebook.

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Assolutamente giusto

Il 6×11 è l’episodio tipo della Smallville migliore, parliamo di Superman quando non era Superman? Bene dagli di azione, dagli di storie con al centro Supereroi, senso di Giustizia, identità segrete, cattivi puri, doppiogiochisti, e ignari collaboratori… delle trame da soap opera giovanile appena un accenno, giusto per allentare la tensione ogni tanto e introdurre un nuovo problema. Peccato che non si possano fare episodi doppi fino alla fine (la migliore stagione di Enterprise era fatta ad archi narrativi di tre o quattro episodi, era un piccolo capolavoro.).

Non è però un episodio privo di ombre anche se queste sono congenite nella produzione della serie, questa deve staccarsi dalla continuity del fumetto e non deve rompere le scatole ai film, per cui niente eroi adulti o roba di cui si dispone di diritti solo per i fumetti (Superboy). Chi conosce i fumetti DC sorriderà delle iperboli usate per non dire o non far vedere qualcosa che però esiste. Non si può nominare la Justice League? si tirano in ballo i SuperAmici o se si chiede direttamente il nome del gruppo di Green Arrow, Chloe risponde ironicamente Work in Progress (ah finalmente viene rivelato che il leader sarà Clark, giusto il tempo di imparare a volare 🙂 ). Ottimo il Dottor Fate che riesce da solo a sbloccare una continuity rimasta impantanata alle scaramucce coi Kandoriani (credo sia la bruttissima copia televisiva di New Krypton), era dai tempi dell’arrivo di Freccia Verde che i toni epici non arrivavano a questi livelli, spero solo che non torni Lana a rovinare tutto come fece ai tempi di Doomsday (un’occasione mancata per ucciderla una buona volta).

Siamo a metà della stagione probabilmente l’ultima, forse la penultima, nel primo caso adesso dovremmo andare in crescendo se Smallville vuol restare una serie memorabile, nel secondo caso temo che assisteremo di nuovo all’allungamento del brodo fino alla naturale morte della serie già adesso nello slot della morte del venerdì sera.

Io spero in un degno finale, magari se il film di Lanterna Verde andasse bene potrebbe uscir fuori una serie sulla JLA o su uno dei suoi membri (in Absolute Justice torna anche Martian Manhunter)

Little Brother

Non c’era miglior titolo per inaugurare il nuovo gingillo tecnologico di un libro che fa della libertà in rete e del diritto alla privacy la propria bandiera. Doctorow rende disponibili i suo iscritti sotto licenza Creative Commons (di cui parlo meglio sotto) per cui chi vuole può scaricarsi il libro dal suo sito e leggerlo sul proprio computer o sui dispositivi portatili che possiede, chi invece non vuole rinunciare alla carta può prenderlo in libreria: X, il titolo italiano di Little Brother, è  edito da Newton Compton. Adesso, però, buttiamoci nel libro.

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