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Ostilità verso la netiquette

Ho cominciato a usare strumenti telematici tardi. Tardi se consideriamo quelli della mia generazione che magari erano già avvezzi alla comunicazione via modem già da un decennio, quando io ho cominciato. Mi furono spiegate le “regole del vivere civile” di quel mondo, ho imparato ad apprezzarle quando mi sono trovato a moderare gruppi, capendo i motivi perchè fossero necessarie e, soprattutto perché funzionavano. Oggi, con la massificazione di Internet quelle regole sono ancora attuali, utili, da conoscere ed applicare, sono frutto del buon senso applicato alla telematica. EPPURE SE MI TROVO A SPIEGARE GENTILMENTE A QUALCUNO, ANCHE IN PRIVATO, DOVE HA SBAGLIATO NEL DIRE O FARE QUALCOSA, IN PRIVATO E LONTANO DAL CLAMORE, PASSO SOLO PER CAGACAZZI. Parliamo di gente che magari quando io vedevo per la prima volta internet, giocava col Sapientino o si perdeva nelle istruzioni del videoregistratore (tecnologia avanzatissima già con 15-20 anni sul groppone, mica parlo dei primi VHS). Beh, a molti di questi, ovviamente se stessimo in confidenza, risolveremmo col solito, bonario, vaffa :-), farò presente che NON ESSENDO CAZZI MIEI COME USA FACEBOOK E SIMILI, DEI SUOI DISPOSITIVI CHE NON FUNZIONANO MI FREGA ANCOR MENO. Se non siete d’accordo potete anche togliermi l’amicizia.

Account e profili in comune su Facebook? NO!

Cos’è un account? È un accesso esclusivo, garantito e personale a una risorsa (di tipo informatico, nel caso che c’interessa). L’esclusività è data da un nome identificativo univoco associato ad una password personale che garantisce l’accesso al solo titolare, il servizio viene garantito da un accordo di licenza (la EULA: End User Licence Agreement).

Capite da soli che un account non va condiviso tra più persone, nel senso giuridico del termine, cioè l’unico modo perchè questa pratica sia giusta è che la titolarità dell’account sia data a una persona giuridica composta da più persone fisiche (mail o pagina di associazione culturale, società commerciale e simili).

Veniamo a Facebook. Facebook è un social network tarato sulla persona fisica: un account, un profilo, una persona, per i “collettivi” ha ideato (in un secondo momento) le pagine. E così deve andare, credetemi. Vi elenco brevemente le ragioni per cui i profili condivisi sono il male di facebook.

  • Sicurezza: una password condivisa da due persone è una password conosciuta da una persona di troppo, doppia probabilità di smarrirla o di farsela fregare
  • Con chi sto parlando? I vostri amici come sanno a chi si stanno rivolgendo, pensate ad una coppia di amici: parlate con lui nello stesso modo in cui vi rivolgete a lei? Non direi ecco immaginate la difficoltà a cui va incontro qualcuno che si vede arrivare la richiesta di amicizia da voi e non sa chi dei due l’ha mandata, poi non saprà mai con chi stia parlando fino a quando non lo dichiarerete. Non vi sembra inutilmente crudele? Che problema c’è ad avere ognuno il proprio profilo?
  • Prova di fiducia: la più grande cazzata che uno si possa inventare. Di solito è la parte gelosa della coppia che lo propone. Desiderio di controllo che però non ha senso. Farsi un secondo profilo è un attimo, esistono app che permettono la gestione di più profili (e no, non si dà nemmeno la password del cellulare). Ma il motivo più importante per cui non si fa, soprattutto se siete abbastanza giovani è: a lasciarsi ci si mette un attimo, in mano a chi lascereste la vostra vita digitale? Sicuri di voler correre il rischio? Ho visto gente che ci è passata andare in paranoia fino a quando non ho pulito il suo telefono e il suo computer e riconfigurato tutti gli account con nuova password e accesso a due fattori. Fatevi una pagina Tizia&Caio_persempreinsieme così quando “per sempre” non sarà più, dovrete cancellare solo quella.

Non parlarmi non ti sento

Ho notato una pericolosa tendenza all’imbarbarimento telematico da quando le masse sono sbarcate su Facebook WhatsApp e simili. Nozioni e usi che prima si davano per scontate e la cui non osservanza portavano ad essere definiti in vari modi traducibili in una sfumatura di significati che va da: “troglodita” a “scostumato” e a volte banalmente “stronzo”.

Ultimamente sono inciampato in una spiacevole usanza che pare aver preso piede al punto di essere pure giustificata da chi la pratica: non leggere i messaggi sui vari messenger, ignorandoli apposta. Ve lo dico subito: non fatelo e, se già lo faceste, perdete il vizio.

Andiamo indietro a quando esistevano solo gli SMS: nessuna notifica, non si sapeva se arrivava, figuriamoci se veniva letto. LA cosa si risolveva con una chiamata o uno squillo di conferma, se questa veniva rifiutata o il contatto diventava di colpo irrintracciabile, il rifiuto diventava palese e amen.

Coi messenger e la notifiche di partenza, arrivo e lettura uno non può più ignorare impunemente senza he l’altro sappia. Ecco il problema. Quando si parla normalmente se uno ignora qualcuno in una discussione senza che ce ne sia motivo questi sta sostanzialmente offendendo l’interlocutore. Siamo tutti d’accordo? Beh, è la stessa cosa coi messenger se ignorate un messaggio oltre un tempo ragionevole rischiate di offendere la controparte telematica.

Se non vi ho convinto ve lo spiego nel dettaglio.

Mettiamo scriviate a una persona che per qualche motivo non vuole interagire con voi, per motivi suoi non vi blocca come dovrebbe fare (perchè la cosa giusta sarebbe bloccarvi, sia chiaro); il vostro messaggio giace non letto, ignorato anche per giorni… non avete il numero di telefono, non potete fare altre verifiche e magari il messaggio era importante, ignorato solo perchè sarebbe potuto essere un messaggio di cazzeggio. Il problema è che il sottotesto “non disturbarmi” non viene recepito subito perchè motivi legittimi per non evadere un messaggio (che è sempre una forma di comunicazione asincrona, ricordiamolo) ce ne sono tanti:

  • Telefono smarrito o comunque irraggiungibile 
  • Telefono spento o rotto
  • Non c’è il tempo per leggere

Queste “scuse” cascano vedendo se e quante volte il destinatario si è connesso al messenger

  • Messaggio letto di straforo alla ricezione della notifica o dal centro delle notifiche ma non lo si apre perchè non si ha tempo di rispondere.
  • Troppi messaggi da evadere e si sceglie di leggere velocemente i mittenti meno impegnativi

Queste “scuse” cascano dopo qualche ora o altro lasso di tempo ragionevole entro cui aspettarsi almeno la presa visione del messaggio.

Teniamo conto che non leggere non equivale a non rispondere, in quanto anche la non risposta vale come risposta (ahimè!), magari è brusca ma vale un “no”, “non rompere”, “non mi piace quello che ho letto”. Una risposta esplicita sarebbe si meglio ma non sempre è necessaria.

Ripeto: volete ignorare un vostro contatto o non volete che vi contatti su un messenger? Magari ci perdete prima un messaggio in cui lo dite chiaramente, ma anche no, l’importante è BLOCCARLO. Il blocco non si può fraintendere, equivale alla chiamata rifiutata, a un “get a life” scritto con insegna a neon, ma almeno non siete voi quelli che mancheranno di rispetto l’altro.

Attenti al Social-Babau

L’ho letta almeno quattro volte in 24h, postata a ripetizione da chi arriva su Facebook saltuariamente e si ritrova la bacheca invasa da appelli bufala. Li capisco: è gente che non dedica molto tempo ai social e non si prende il tempo di controllare tutti gli appelli con Google. Il problema è che ci credono e rimbalzano bufale anche vecchie di mesi facendole riapparire ciclicamente. Ecco un consiglio: non solo non condividere la bufala (anche solo presunta), ma cancellatela, meglio, scrivete un commento sotto chiedendo di cancellare la bufala (magari nei commenti qualcuno ha fatto notare la cosa ma l’appello è rimasto). Non credete che, avendo poco tempo da dedicare a Facebook, sarebbe meglio avere solo notizie vere in bacheca?Torniamo all’appello specifico. Il testo che riporto sotto ha tra parentesi quadre i miei commenti e grassetto aggiunto da me, il resto è come è riportato nel blog da cui l’ho copiato, ma ne esistono divers versioni. Ho rimosso il riferimento alla persona citata dal finto appello per evitare che Google & C. lo associno per sempre alla cosa.

Appello da un’Amica… [i boccaloni nuotano in branco]

Ragazzi fate attenzione c’è un tizio che gira su Facebook, un certo $PINCO $PALLINO [gli omonimi ringrazieranno tantissimo] che ti chiede l’amicizia e poi non so come ti registra tramite web e fa un fotomontaggio per ricattarvi [Se hai un Mac ti fa anche la radiografia, che ‘ce vo’!]. Fate copia e incolla di questo messaggio a tutti i vostri amici…….. [Voi dovete fare esattamente il contrario] a tutti i miei amici ci chiedo cortesemente di fare il copia incolla di questo bastardo chiede amicizia a donne e poi fa montaggi x ricattare. Vi prego segnalatelo. [per i duri di comprendonio si replica]

(Testo ricavato da screenshot su www.davidpuente.it)

Analizziamo la prima parte. Chi è il tipo? Ha un nome e un cognome (nell’appello reale, qui ho usato un “segnaposto” che non identifichi nessuno in particolare) sarebbe facilmente identificabile se non fosse che quasi certamente ci sono degli incolpevoli omonimi. Ancora non vi squilla il campanello d’allarme bufalino? SEMBRA facilmente identificabile in realtà potrebbe benissimo esserci qualsiasi nome e spesso l’appello cambia “intestatario” a ogni nuova iterazione. Poniamoci due domande. La prima: se fossi un suo omonimo come mi comporterei nel caso qualcuno segnalasse il mio profilo causandomi un disservizio (profilo Facebook usato per scopi professionali)? Siete pronti ad assumervi la responsabilità di diffamare un innocente e ignaro sconosciuto? La seconda domanda: Se fosse così bravo coi computer, quanto ci vorrebbe per cambiare nome al profilo di Facebook o meglio, ad aprire decine di profili falsi con nomi fittizi e continuare ad agire indisturbato? Ha quindi senso indicare nome e cognomi precisi? No.

Come difenderci allora? Ve lo spiego dopo aver analizzato brevemente anche la seconda parte dell’appello

La seconda parte è quella che terrorizza e indigna chi di informatica non ne capisce nulla. Ancora una volta procediamo a piccoli passi e analizziamo con logica spiccia la cosa.

L’abilità del nostro predatore cibernetico starebbe nel filmare a insaputa della vittima, ritoccare quanto registrato e ricattarla per avere denaro o altro.

Qui bisogna stare attenti perchè chi fa queste cose esiste ma non agisce come viene detto nell’appello. Registrare qualcuno a sua insaputa è fattibile se si usa un computer o un cellulare compromesso in termini di sicurezza informatica ma bisogna farlo sempre quando la vittima è in condizioni di essere filmata: di fronte alla webcam, con uno sfondo che si possa eliminare in caso di necessità di ritocco (cosa tutt’altro che semplice), se il telefonino sta in tasca la cosa non funziona se si parla senza tenere il telefono di fronte a se la cosa diventa impossibile. Voi pensate che un criminale così esperto perda tempo in questo modo? Questo genere di predatori più verosimilmente convince le vittime a filmarsi in atteggiamenti equivoci facendosi passare per “signorine di facili costumi” pronte a fare altrettanto ma che registrano la sessione Skype (cosa decisamente più semplice e dal risultato molto più sicuro, perchè innegabile. Un fotomontaggio, invece, si può “smontare”). Quindi la seconda parte serve solo a creare panico e indignazione in chi non è tecnicamente preparato e, magari eccede coi selfie.

Ma se dovesse accadere davvero che qualcuno faccia cose simili come facciamo a difenderci?

Un tipo o una tipa particolarmente avvenente ci chiede l’amicizia su Facebook e i nostri ormoni guidano la nostra mano a spingere “accetta”. NO, FERMI! Vi ha contattati lei/lui quindi avete tutto il diritto di chiedere “Perchè?”, “Chi sei?”, “Come mi hai trovato?”, “Sei tu quella in foto?”. Ovviamente potrebbe mentire su tutto (e quasi certamente lo farà almeno in parte, anche se è un profilo legittimo). Come facciamo a capirlo?

Usiamo Google. Impariamo ad usare i suoi servizi di ricerca per immagini, se le foto sono rubate con Google la cosa viene fuori, Googliamo il nome associandolo a termini reperiti sul profilo di chi ci ha contattato (“modella Tizia”, “attore Caio”), cechiamo gli omonimi su Facebook che magari spuntano fuori i cloni.

La regola aurea è non diamo mai l’amicizia a chi non conosciamo almeno di vista. “Non date retta agli sconosciuti” su Internet (e quindi su Facebook, WhatsApp o Skype) vale doppio. 

Lo dico sempre ai puttanieri da tastiera: “mutande pulite o rischi di fare una figuraccia davanti al mondo intero”. Se volete giocare giocate con chi conoscete e mette sul piatto la stessa credibilità che mettete in gioco voi (e uno/a sconosciuto/a non potete sapere cosa mette sul piatto, no?).

FIDARSI MAI. Se poi si finisce a chattare o in videochiamata su Skype non fate nulla che non fareste davanti a vostra madre… o accettatene le conseguenze, denunciate alla Polizia Postale e la prossima volta state più attenti, basta che non rompete le scatole al prossimo su Facebook.

Siete arrivati fin qui, la testa vi gira e non sapete fare nemmeno un quarto delle cose che vi ho detto di fare. Oltre a non dare retta agli sconosciuti per voi vale dieci volte di più, nel dubbio che una notizia possa non essere vera, non condividetela.

Social Tag: istruzioni per l’uso

La metto giù piano.
Se Tizio vuol condividere qualcosa su Facebook la mette in bacheca, giusto.
Se Caio e Sempronio erano insieme a tizio giustamente verranno taggati dare la possibilità anche a loro di leggere subito i sagaci commenti degli amici di Tizio. E va bene. È giusto così!

A volte però Tizio esagera. A volte però Tizio esagera moltissimo. A volte Tizio la fa proprio fuori dal vaso! Di più: Tizio piscia proprio sul muro di casa di Caio e Sempronio. Perché lo fa? Per il motivo più antico al mondo: marcare il territorio.

Andiamo di esempio pratico.

Tizio organizza qualcosa o vuol promuovere una qualche iniziativa personale. Tizio tagga una congrua parte dei suoi contatti, mica solo i suoi amici Caio e Sempronio. Tizio così facendo raggiunge in un sol colpo le bacheche di tutti quelli che leggono i post degli “amici degli amici” (quasi tutti quelli che stanno su Facebook, insomma), anche se lui in bacheca non ce li ha. GENIALE? EH, NO, CARO TIZIO!

Facendo questa cosa ti qualifichi solo come un “FOTTUTISSIMO SPAMMER” uno di quelli che nella posta elettronica finisce nella cartella “Indesiderata”, perchè, pensaci caro Tizio: pensa alle notifiche che tutta la gente taggata riceverà a ogni cazzo di commento che faranno sotto al tuo post. Decine, se non centinaia di squilli inutili che possono anche costringere a silenziare il cellulare (e non sempre è cosa buona).

Cari Caio e Sempronio, non sentitevi in colpa a rimuovere il tag, non fatevi scrupolo a chiedere a Tizio di NON FARLO PIÙ e, se Tizio perseverasse nell’errore, MANDATELO AFFANCULO SENZA RIMORSI perchè è lui a chiederlo.

Caro Tizio, vuoi mantenere le tue amicizie social? Non taggare mai a sproposito (cioè nel caso 2) più di dieci persone. Anzi già oltre i 5 contatti taggati il rischio di lamentele è alto.

Io ve l’ho detto.

Pillole di netiquette

La netiquette è il galateo della rete, come il galateo, per molti neofiti sembra essere ormai solo un insieme di regole buone solo a rompere i… Peggio del malcostume del neofita, a cui semplicemente manca la conoscenza di tali regole c’è solo il malcostume indotto dal funzionamento, sbagliato, dei vari portali di social network. Se siamo scampati alle orride pagine di MySpace, però, molti di noi sono adesso vittime incolpevoli del flood informativo delle applicazioni di Facebook; vediamo come porvi rimedio, almeno in parte.

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