Quel che si lascia

A dispetto del periodo non proprio felice appena trascorso devo dire che fotograficamente è stato un periodo interessante, seppur con qualche occasione mancata a causa della dipartita della batteria della reflex e di impegni poco compatibili con alcune persone che non hanno potuto posare per me.

Qualche foto BELLA l’ho fatta, qualche foto che mi facesse riprendere fiducia nel mezzo e nel mio modo di fare e di essere, che non sono io a essere sbagliato ma che ho solo fatto il proverbiale passo più lungo della gamba, fidandomi malamente di qualcuno che non meritava tanta fiducia. LA cosa che mi è davvero piaciuta è portare a casa qualcosa anche quando si usciva più per noia che per reale convinzione di andare a scattare qualcosa.

Ieri poi è successo quello che speravo. Liberata una stanza da imbiancare è rispuntata fuori la mia prima reflex, unica a pellicola, che seguì la Polaroid come mia macchina fotografica “ufficiale” (ce ne sono state altre, per lo più per sostituire momentaneamente queste due, che però non sono mai state MIE, erano piuttosto “a nolo” dai miei).

La reflex, la prima macchina fotografica “seria”, una Olympus OM10 completa di Manual Adapter (un modulo che “spegneva” gli automatismi ritornando ad essere una quasi OM2), con la quale ho cominciato davero a far danni, che la Polaroid aveva il fiato corto con le sue 10 pose a cartuccia, i primi accessori, i primi consigli da parte degli esperti  che incrociavi in giro e le trasferte “vietate” per lei, che era mia ma l’avevano pagata i miei e non volevano che la rischiassi in giro (adesso la prima cosa che “metto in valigia” è la Nikon), la mia prima modella che non nomino perché non c’è bisogno di nominarla: io, lei e i nostri amici sappiamo chi sia!

Le prime edizioni del Carnevale Stiglianese coperte partendo coi carri dal campo sportivo, andando giù alle tre del pomeriggio anche se sapevo che i carri sarebbero arrivati almeno due ore dopo, perchè intanto che aspettavo c’era sempre qualcuno o qualcosa da fotoografare. Oggi fotografare le maschere non mi piace più come allora, forse perché non riesco più ad associarci il vero volto e le persone dietro di esse. Le riunioni di famiglia di cui ero il fotografo ufficiale ma tutti si sentivano in dovere di dirmi cosa fare; adesso faccio sempre io le foto ma, se non fosse la decina di centimetri messi su da allora, sono i controlli della reflex digitale a spaventarli

Tanta strada fatta in trent’anni e quest’anno stavo per rimettere tutto in discussione per colpa di un fraintendimento idiota

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